15 Dic Psicologia e parrucchiere
Spesso mi sono domandato come fosse svolgere professioni al pubblico come estetista, parrucchiere, massaggiatore.
Me lo sono domandato perchè sono dei cultori della psicologia esperienziale, fatta sul campo. Quanti frammenti ed intrecci di vita passano su quelle comode (quasi sempre), poltrone? quante catarsi e momenti di svolta vengono sanciti da un “taglio”? anche la saggezza popolare c aiuta…”ho deciso di darci un taglio”.
Quanti fiumi di parole?
Per questo ho deciso di calarmi in questi ambienti per cercare di imparare (non a tagliare i capelli ovviamente, ma perchè no) ed ascoltare e vedere se è possibile trovare un posto in questi luoghi di amore per sè stessi. Fare prendere contatto con la coccola che ci si sta facendo, del rito che stiamo compiendo.
Tutto questo è possibile grazie all’equipe di Contesta Rock Hair, e al loro eclettismo, che ci spinge a cercare insieme guidati dalla curiosità.
Ho fatto un’esperienza di un anno, il giovedì pomeriggio in Via dell’Albero, a Firenze
qui di seguito l’articolo che ho scritto per il gruppo Contestarockhair sulla mia esperienza:
9 mesi fa scrivevo sul mio sito internet:
“Spesso mi sono domandato come fosse svolgere professioni al pubblico come estetista, parrucchiere, massaggiatore.
Me lo sono domandato perché sono dei cultori della psicologia esperienziale, fatta sul campo. Quanti frammenti ed intrecci di vita passano su quelle comode (quasi sempre), poltrone? quante catarsi e momenti di svolta vengono sanciti da un “taglio”? anche la saggezza popolare ci aiuta…”ho deciso di darci un taglio”. Quanti fiumi di parole?
Per questo ho deciso di calarmi in questi ambienti per cercare di imparare (non a tagliare i capelli ovviamente, ma perché no) ed ascoltare e vedere se è possibile trovare un posto in questi luoghi di amore per sè stessi. Fare prendere contatto con la coccola che ci si sta facendo, del rito che stiamo compiendo.
Tutto questo è possibile grazie all’equipe di ContestaRockHair, e al loro eclettismo, che ci spinge a cercare insieme guidati dalla curiosità.”
Da qui è partita, nel luglio 2009, l’esperienza all’interno del gruppo ContestaRockHair. Ad oggi, mi sembra passato un’enormità di tempo. Ho iniziato con la curiosità che mi guida nel mio lavoro di psicoterapeuta, quasi per gioco, ma l’appuntamento settimanale del giovedì pomeriggio, di gioco non ha quasi nulla.
Inizialmente c’è stata la fase di acclimatamento, prima che rispetto ai clienti, rispetto allo staff del negozio di via dell’Albero a Firenze, con cui abbiamo co-costruito quello che si può trovare adesso.
Da principio mi preoccupavo del fatto che potessero nascere dei conflitti di territorio, ovvero mi rendevo perfettamente conto che entravo in un sistema nuovo, non mio e che l’inserimento non era scontato. Proprio per questo c’è stato un momento iniziale dove ci siamo “annusati” con Francesca, Mimmo e Gabriele, cercando di trovare un modo per integrarci.
Con loro c’è stato fin da subito un dialogo molto aperto sul come, e sulle criticità nei confronti dei clienti, come presentarmi e come far vivere serenamente la mia presenza all’interno del salone. Piano piano siamo arrivati a trovare una comodità reciproca, giungendo insieme anche alla formula migliore per presentarmi.
Durante le fasi iniziali del contatto con il cliente, ad esempio durante lo shampoo, chiacchierando, vengo presentato, come colui che offre un servizio in più alla clientela.
Mimmo ha poi provveduto a creare una playlist adeguata alle mie esigenze senza rinunciare all’anima rock che caratterizza i saloni Contesta, creando così una musica che facesse sentire la differenza rispetto agli altri giorni, senza tuttavia perdere la continuità.
I ragazzi di Via dell’Albero sono poi stati artefici della delicatezza con cui la presentazione avviene, una battuta, una frase buttata là che stimoli la curiosità del cliente, lasciandogli aperta la possibilità di viversi il servizio come meglio crede. In quest’ottica un momento cruciale è stato proprio quando, un pomeriggio, nessun cliente mi ha considerato.
Alla fine del pomeriggio, Gabriele era costernato e quasi si stava scusando con me per l’inattività cui ero stato “costretto”. In realtà io ero contentissimo perché ai miei occhi significava che, finalmente, le persone si sentivano libere di venire e stare e chiacchierare con chi preferivano, senza sentire l’obbligo di relazionarsi con me meramente perché ero presente.
Anche in quella circostanza in un attimo di quiete abbiamo potuto confrontarci sul senso diverso che diamo alle esperienze in generale, come ciascuno di noi indossi i propri occhiali attraverso i quali vede la realtà.
I clienti che sono venuti il giovedì pomeriggio, casualmente oppure incuriositi dalle mail settimanali che manda Francesca, sono stati diversi e si sono approcciati a me in modi inaspettati.
Faccio una piccola considerazione tecnica: in psicoterapia si parla di setting, ovvero le condizioni ambientali nelle quali avviene la terapia; nel caso del parrucchiere il setting è adatto per arrivare fino ad un certo punto nella ricerca personale, e non è pensabile di affrontare temi profondi o spinosi in tale contesto.
Ho fatto questa considerazione tecnica perchè spesso ho dovuto mettere io dei paletti chiari alla generosità delle persone nel raccontare le proprie storie. Questo sicuramente non me lo aspettavo quando ho iniziato quest’esperienza. Non tutti si sono aperti con me, alcuni chiedono chiarimenti su argomenti di cui si parla sui giornali, la pedofilia ad esempio, altri mi parlano come per sfidarmi a dimostrare che la psicologia serve a qualcosa, altri trovano nello spunto inaspettato, il coraggio di iniziare ad aprirsi e incuriosirsi su se stessi.
Mi sento di ringraziare tutti, per le cose diverse che mi insegnano e che scelgono di darmi. Anche io ho fatto i conti con le scomodità che una novità come lo psicologo dal parrucchiere può portare. Inizialmente ho sentito come se stessi “vendendo” qualcosa, cosa che è lontanissima dalla pratica psicoterapeutica. Nella pratica clinica, i clienti scelgono di venire e scelgono te come compagno di viaggio e non un altro, non viceversa. Sento gratitudine particolare per quelli che, seppur per il tempo di un colore ed una piega (circa un’ora e mezza) hanno scelto di regalarmi pezzi di vita ed emozioni.
Formazione ai dipendenti
Un’altra parte di esperienza fatta con Contesta è’ quella relativa ai gruppi di formazione serali ai dipendenti. Anche questa è nata da una domanda: in un lavoro fatto di relazione e tecnica c’è una formazione alla relazione?
Per la tecnica ci sono le testine e i senior del gruppo…ma per la relazione?
E così sono iniziati gli incontri esperienziali di gruppo, con un primo nucleo di 6 ragazzi e ragazze che lavorano come dipendenti nei vari negozi.
L’impronta di questi gruppi è stata non tanto il trasmettere delle nozioni, quanto provare a vedere che effetto fa relazionarsi in un modo o in un altro. Non mi sono ispirato a nessun tipo di gruppo collaudato, se non quello di tipo Gestaltico, che è appunto destrutturato, si lavora con quello che c’è, anche quando c’è (apparentemente) solo stanchezza e silenzi.
E dopo i primi tre incontri di tre ore (che nell’idea iniziale sarebbero stati un ciclo completo), c’è stato il desiderio da parte dei ragazzi e di Massimo Bianco (co-conduttore indispensabile) di continuare ad incontrarsi. Adesso è un appuntamento quindicinale.
Nei gruppi si fanno simulate di incontri con clienti, vedendo che effetto fa una reazione o l’altra, e trovando, con l’aiuto degli altri membri del gruppo, modi funzionali. Il punto è che non esiste una verità, un modo “giusto” di fare qualcosa, esiste il modo di ciascuno di noi, che può essere integrato dai contributi e dalle esperienze degli altri. Così funziona un gruppo secondo me.
In quest’ultima fase degli incontri ci siamo concentrati sul come ci impediamo di esprimerci, in negozio e nella vita, per arrivare a permetterci di esprimere delle idee per personalizzare e rendere “particolari” i saloni Contesta. Questo è ancora work in progress.
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