11 Apr CHIAVI E SERRATURE
E’ molto che non scrivo, mi domando spesso se sia interessante quello che mi viene in mente. Bisognerebbe che definissi interessante, ma lascio da parte i miei pensieri e procedo.
Negli ultimi tre anni ho avuto l’onore di lavorare con M.
M. è un uomo di 50 anni, straniero, che viene da me in terapia con una crisi esistenziale non ancora aperta, ma agli inizi.
Piano piano costruiamo il nostro rapporto e l’alleanza terapeutica, che si evolve e utilizza strumenti non convenzionali: la musica.
M. compone e fa parte di un gruppo musicale, ma, ai miei occhi, la vera anima è lui, che scrive e compone le canzoni. Come mai sta sullo sfondo?
La terapia si dipana mentre M. cerca la sua strada, e la sua comodità.
Devo dire che come processo per me è stato lento, ma inesorabile. M. mi ha veramente aiutato a apprezzare la lentezza.
Nelle sedute, che sono un fiorire di nuovi brani che partono da cose che vediamo insieme e poi prendono vita (sono onoratissimo e orgoglioso) ci siamo resi conto che la terapia è la ricerca della serratura delle persone.
Le persone sono come le chiavi ed il processo riguarda il trovare la o le serrature giuste per quella chiave lì. Guardandole senza attenzione tutte le chiavi sono simili, ma solo una apre la specifica serratura.
Scrivendo canzoni “insieme“ siamo riusciti ad accedere al nucleo più profondo di M. e andare verso la sua interezza. Quello che nel tempo M. ha lasciato per fare spazio alla musica è stato il compiacere gli altri e l’essere sempre compliante, per poter abbracciare se stesso.
L’ha potuto fare guardando le proprie specifiche incisioni come chiave unica e particolare e realizzando che non ha bisogno delle chiavi di nessun altro: non solo, ma anche scegliendo di smettere di cercare di aprire serrature che non corrispondevano a se stesso e realizzando che certe serrature non si sarebbero aperte (Coazione a ripetere)
Dove si apre la porta? Si apre sulla strada di quello specifico individuo che non ha a che vedere con brutto/bello o giusto/sbagliato ma solo con quella persona.
Aprire la porta vuol dire darsi la possibilità di percorrere una strada diversa da quella percorsa sino a quel momento.
Mi viene in mente che anche in Matrix, il film, un personaggio importante era proprio il maestro di chiavi, che consente a Neo di accedere alla Sorgente.
Mi piace pensare che tutti noi siamo alla ricerca della nostra Sorgente, e che noi terapeuti possiamo essere i mastri di chiavi, e facilitare e accompagnare nella ricerca.
Il punto è che nella terapia il terapeuta deve adattarsi a chi ha davanti. Non vuol dire essere falso, vuol dire cercare il modo migliore, più efficace, per aiutare quella persona a perseguire i suoi obiettivi. E ogni individuo ha i suoi. Per questo le tecniche da sole non bastano, ma devono essere condite con l’umanità e la compassione. Con M. è stata la musica, con altri può essere parlare la lingua d’origine (per esempio con un immigrata di seconda generazione in USA, la cui prima lingua era spagnolo, parlando spagnolo emergevano aspetti che non erano emersi in inglese, sopratutto emotivi). Questo vuol dire essere e fare il mastro di chiavi.
Vuol dire anche offrire un esempio, un’opzione diversa al paziente. Permettergli di sperimentare nella stanza (sicura) della terapia delle possibilità che nel mondo reale non può permettersi.
Imparare a essere se stessi con qualunque mezzo.
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