La psicoterapia può essere molte cose, in momenti diversi.
A me piace pensare che si tratti prima di tutto di un accompagnamento verso sé stessi, un pò come se il terapeuta fosse Virgilio che va insieme al paziente. Spesso mi sento Caronte che fa attraversare il fiume verso l’inferno di ciascuno. Altre mi sento un allenatore, la stanza della terapia e il suo tempo me li immagino come un contenitore dove il paziente possa sentirsi al sicuro nello sperimentarsi in nuovi comportamenti, diversi e più vicini a sé stesso/a rispetto ai vecchi.
La palestra di cui parlo ha il pavimento e le pareti morbide, per farsi meno male che nella realtà. Nel percorso che è la psicoterapia si incontrano varie porte, varie deviazioni che si può decidere se prendere o meno.
Una parte della terapia che mi appassiona è l’attaccamento, ovvero il processo in parte biologico attraverso il quale ci leghiamo, e che riproponiamo come un copione.
Lavoro molto spesso col trauma, è affascinante e sempre ricco di spunti. La cultura di origine, inteso come paese e inteso come cultura familiare.